Canale di Suez bloccato… Conoscete la storia della “Flotta Gialla”?
Nei giorni scorsi molti di noi si sono appassionati alla vicenda della Ever Given, una nave portacontainer della compagnia Evergreen Marine Corp di Taiwan, incagliata nel canale di Suez. La nave, lunga 400 metri, partita dalla Cina e diretta a Rotterdam in Olanda, si è arenata in diagonale, ostruendo il canale, il 22 marzo scorso forse a causa di un’improvvisa raffica di vento, fortunatamente senza provocare feriti e senza la dispersione di container e carburante in mare. Questo gigante bloccato senza possibilità alcuna di manovra ha portato alla formazione di un grosso ingorgo di navi che avrebbero dovuto attraversare il canale: ogni giorno, infatti, circa il 30% del traffico mondiale di navi portacontainer passa da Suez.
Questo canale artificiale, lungo circa 193 chilometri, che ha un ruolo fondamentale per l’economia mondiale e che mette in comunicazione il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo, ha origini antichissime e i primi scavi per collegare i due mari risalgono addirittura al 1800 a.C. quando era solo un canale di irrigazione, navigabile nei periodi di piena.
Tanti secoli dopo Napoleone cullò l’idea di aprire un varco verso il Mediterraneo per contrastare il dominio commerciale del Regno Unito che con le sue navi riusciva a collegare Europa e Asia circumnavigando l’Africa, ma le valutazioni tecniche e le perizie di quel tempo decretarono la non fattibilità dell’opera. Bisogna aspettare il 1854 quando il sovrano egiziano Said Pascià, rilasciò una concessione al diplomatico francese Ferdinand De Lesseps che fondò la “Compagnia del canale di Suez” e diede inizio ai lavori di costruzione. E così, il canale che sembrava un sogno utopistico di molti, fu inaugurato nel 1869.
Già dai primi del Novecento è diventato subito rotta commerciale fondamentale soprattutto per il rifornimento energetico dell’Europa, dopo che i Paesi del Golfo Persico sono divenuti i principali esportatori di greggio ed è anche diventato una delle principali fonti di guadagno del governo egiziano: oggi, le entrate annuali derivanti dalla sua percorrenza si attestano infatti attorno ai cinque miliardi di dollari.
Ma torniamo ai giorni nostri, anzi non proprio…Infatti non è stata questa la prima volta che il canale “chiuso” ha causato problemi politici ed ingenti perdite economiche.
Nel mese di giugno del 1967, durante la “Guerra dei sei giorni”, tra Egitto e Israele, lo Stato dei faraoni decise di chiudere improvvisamente entrambe le estremità del canale e le navi che stavano transitando in quel momento restarono intrappolate al suo interno e ci rimasero per ben otto anni!
Per rendere il corso d’acqua non transitabile, gli egiziani, affondarono diverse navi e lo disseminarono di decine di mine marine. La diplomazia internazionale tentò di risolvere “la questione” della transitabilità del canale, ma la sua bonifica e la sua manutenzione costituirono un forte deterrente poiché pochissimi Stati si sarebbero accollati gli ingenti costi e soprattutto perché costituiva un rischio troppo elevato inviare navi ed equipaggi in quella che era diventata una sorta di “terra di nessuno” in una zona di combattimento.
Nacque così quella che fu chiamata Yellow Fleet o Flotta Gialla per la sabbia del vicino deserto che si depositò, nel tempo, sopra le quattordici navi intrappolate. Nell’ottobre del 1967, tutti gli equipaggi si incontrarono sulla Melampus e fondarono la “Great Bitter Lake Association” per darsi sostegno reciproco, una sorta di “società di mutuo soccorso”.
I marinari di diversi Paesi fraternizzarono a dispetto della guerra fredda che coinvolgeva molti dei loro governi e iniziarono ad incontrarsi regolarmente sulle varie navi. Addirittura, organizzarono eventi sociali, fondarono un club nautico e idearono i “Giochi olimpici del lago amaro”, con diverse discipline (la prima del medagliere fu la Polonia), rifacendosi alle Olimpiadi estive che si sarebbero tenute a Città del Messico nel 1968. La nave più grande, la MS Port Invercargill diventò un campo di calcio, le funzioni religiose si svolgevano sulla nave tedesca Nordwind, mentre per le proiezioni dei film ci si spostava sul mercantile bulgaro Vasil Levsky e a nuotare si andava sulla svedese Killara che aveva una piscina. Fu creato anche un complesso sistema postale con francobolli realizzati a mano sulle navi e con diversi materiali, per permettere ai marinai di tenersi in contatto con i propri cari. Insomma, un microcosmo galleggiante!!!
Dai diari di bordo ritrovati, emerge che nonostante le difficoltà e la lontananza dalle proprie famiglie, i marinai seppero adattarsi alla situazione e vivere con serenità questo lungo periodo, forse anche aiutati dalle grandi quantità di alcol consumate a bordo: secondo i calcoli del capitano di una di quelle navi, in otto anni, furono consumate almeno un milione e mezzo di bottiglie di birra!!! Dovevano pur passare il tempo in qualche modo…..
All’inizio del 1975 il canale fu finalmente riaperto e delle navi intrappolate solo due, le tedesche Munsterland e Nordwind, furono in grado di riprendere la navigazione per ritornare nel proprio Paese e il 24 maggio furono accolte al porto di Amburgo da oltre 30.000 spettatori entusiasti.
La Great Bitter Lake Association fu sciolta e la sua ultima attività fu l’emissione di un francobollo commemorativo, andato a ruba fra i collezionisti di tutto il mondo.
Tornando alla “nostra” Ever Given, il 29 marzo è stata finalmente disincagliata e la navigazione nel canale è ripresa. Ci sono volute circa 800 persone e 17 navi, tra scavatori subacquei e rimorchiatori (fra cui il rimorchiatore italiano Carlo Magno) per raddrizzarla, ma un ruolo fondamentale lo ha avuto come sempre Madre Natura, che con le sue alte maree ha aiutato a sollevarla.
Adesso inizia la lunga vicenda dei risarcimenti per i danni causati dalla portacontainer.
Il Presidente dell’Autorità del canale, Ossama Rabei, ha dichiarato che chiederà un miliardo di dollari per i danni materiali e finanziari causati dall’incidente e la cifra dovrebbe coprire gli introiti per il mancato transito e l’attività svolta per dragare e rimorchiare la nave che attualmente è ancora ferma, sotto sequestro delle autorità egiziane, e non potrà riprendere la navigazione fino a quando non sarà completata l’inchiesta per accertare le responsabilità dell’accaduto. Si indaga su diversi fronti: una tempesta di sabbia con forti raffiche di vento, l’errore umano e un’anomalia tecnica. Ci sono voluti tre giorni e mezzo per smaltire il traffico di circa 370 navi in attesa di transitare nel canale, ma come sempre, ne siamo certi, ne occorreranno molti di più per venire a capo della vicenda ed accertare tutte le responsabilità.