22 aprile Giornata Mondiale della Terra
Viviamo una catastrofe planetaria conseguenza della mentalità antinaturalistica?
Viviamo una catastrofe planetaria dovuta alla demenza sociale collettiva conseguenza della mentalità anti-naturalistica? Il surriscaldamento climatico globale sviluppatosi nel corso del XX secolo e tuttora in corso, l’inquinamento di suolo, acqua e aria, il brusco collasso della biodiversità calata quasi di un terzo negli ultimi 35 anni, che entro pochi decenni circa farà scomparire il 75% delle specie viventi dalla terra, il rapido ritmo di deforestazione e urbanizzazione, e lo stress idrico estremo dovuto ai cambiamenti climatici che stanno producendo una serie di effetti sul ciclo idrologico, potrebbero essere le cause di un disastro già in corso che non fa parte di una proiezione a lungo termine?
Affinché avvenga un’immane catastrofe occorre la combinazione di più fattori: alterazioni della composizione dell’atmosfera; dinamiche climatiche rare e accelerate; e poi, uno stress ecologico d’intensità anormale, come una serie di eruzioni o un evento straordinario pandemico globale. Occorre, quindi, un’analisi riguardante il rapporto tra natura e società per rintracciare le cause della crisi sociale dalla quale è scaturita la crisi ecologica. Noi homines sapientes, a partire da una presunta Età dell’Oro o dal paradisiaco Eden, abbiamo sempre avuto nei confronti di nostra Madre Gaia un atteggiamento invasivo e predatorio, non è un tradimento dell’ultimo momento.
A sua insaputa, l’Homo sapiens con i propri comportamenti è sempre stato un soggetto attivo dell’evoluzione. Trasformando la propria nicchia ecologica, un delicato equilibrio di relazioni interdipendenti, ha cambiato il contesto ecologico che, a sua volta, retroagisce, in modo circolare con una trasformazione reciproca, con pressioni selettive sulle popolazioni biologiche. Le piante, gli animali non umani e i microbi definiscono la nicchia ecologica in cui vivono, in una relazione d’interdipendenza di lenta modificazione. Noi, a differenza delle altre specie, modifichiamo rapidamente la nostra nicchia ecologica, subendo, poi, le retroazioni dell’ecosistema non sempre prevedibili e piacevoli.
Quindi, il problema non è il cambiamento climatico in sé, il clima cambia continuamente oscillando tra fasi glaciali e fasi interglaciali miti e fluttuazioni minori nel mezzo. La complicazione è la rapidità del cambiamento climatico attuale causato dalle attività di una specie sola, il problema siamo noi. Una serie di eventi, lo pseudo sviluppo sociale, economico e tecnologico, considerati causa di cambiamenti radicali che hanno coinvolto la natura, la società e l’esistenza del singolo, hanno generato la crisi moderna. Una palese involuzione che accelera la modifica della nicchia ecologica umana e dell’intero ecosistema.
L’homo oeconomicus del XIX sec., una mentalità orientata alla logica dell’utile, all’egotismo, all’autoritarismo dell’uomo sulla natura quanto dell’uomo sull’uomo, ha alterato e compromesso l’equilibrio esistente tra la natura e società, alimentando la crescita del mondo sociale a scapito del mondo naturale, con la paranoica convinzione che la natura abbia un ruolo passivo nel rapporto con l’uomo. Questa mentalità anti-naturalistica, procurando la disarmonia tra natura e umanità, ha configurato una demenza sociale collettiva.
Già nel 1876 Friedrich Engel scriveva: <<Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha, infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze>>. Come esempio, la riduzione della biodiversità incide sulla trasmissione degli agenti patogeni verso gli esseri umani. La presenza di altre specie diverse, gli animali, la fauna, le piante, diluisce la potenziale diffusione pandemica dei patogeni. Al contrario, negli ecosistemi impoveriti da noi, poche specie dominanti e invasive diventano portatrici di temibili malattie, come l’immissione in atmosfera di gas serra altera il clima globale inducendo una retroazione assai sfavorevole.
Un altro monito ci viene da G. Leopardi che nel 1824 nel Dialogo di un folletto e di uno gnomo, immaginava: << gli uomini sono tutti morti, e la razza è perduta>>. Il folletto spiega allo gnomo le ragioni di questa scomparsa: si sono estinti in parte facendosi guerre a vicenda; in parte infradiciandosi nell’abitudine dell’ozio, per indole o perché indotti da qualcosa, forse le droghe; in parte stillandosi il cervello sui libri, vale a dire la mente vuota, è un non ente che esiste solo nelle sue idee, che sono anch’esse non-enti, fantasie e artificiose ideologie; in parte perché “disordinavano tra loro”, continuavano cioè a procedere in contrasto con le disposizioni della Natura, rovinandosi l’esistenza; in parte perché hanno “navigato”, cioè si sono addentrati incautamente in terre nuove e sconosciute, probabilmente le nuove scoperte e conoscenze sui virus; distruggendo la logica illusione della natura e l’immaginazione di una convivenza pacifica. Conclude il poeta, l’umanità non è indispensabile, il mondo non è stato fatto a esclusivo uso e consumo dell’uomo, se gli esseri umani si estinguessero tutto sopravvivrebbe com’è sempre stato prima di lui. È una contestazione della concezione antropocentrica del mondo e della divinità.
Necessita quindi una presa di coscienza da parte dell’uomo, non auspicando un ritorno al passato tout court, ma alla rinuncia del dominio dell’uomo sulla natura e anzitutto una rinuncia al dominio di sé sull’altro. Occorre un progresso evolutivo di coscienza, un umanesimo empatico che trova le sue radici in un’archè che appartiene alla natura, un dinamismo covato all’interno della natura e dell’uomo. Ultima tappa evolutiva, << l’uomo è la natura che prende coscienza di sè stessa>> E. Reclus. Noi non dominiamo la natura come chi è estraneo a essa, noi le apparteniamo col nostro corpo di carne e sangue, con la nostra mente e cervello e siamo figli del suo grembo. La capacità dell’homo sapiens di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato ci eleva si sopra alle altre creature ma non come dominatori. Quindi, si dovrebbe piuttosto parlare di biofilia, evoluzione bioetica o di ecologia sociale. Un agire sociale non giustificato dal darwinismo sociale, che pone l’enfasi sull’egoismo dell’individualismo selvaggio come principale motivo di avanzamento sociale e sulla competizione come motore del progresso. Non motivato da rappresentazioni romantiche del <<buon selvaggio>> di Jean-Jacques Rousseau, secondo cui l’uomo in natura buono fu corrotto in seguito dalla società, intesa come un prodotto artificiale nocivo per il benessere degli individui. Bensì, occorre rifarsi al concetto di una humanitas universalis, un’unica società ecologica accomunata dalla ragione, dall’empatica e dalla volontà che decide per il “mutuo appoggio”. Indicativa è la tesi del russo Peter Kropotkin, che definì il mutuo appoggio: <<è un sentimento infinitamente più largo dell’amore o della simpatia personale, un istinto che s’è a poco a poco sviluppato fra gli animali e fra gli uomini nel corso di un’evoluzione estremamente lenta, e che ha insegnato agli animali, come agli uomini, la forza che possono trovare nella pratica dell’aiuto reciproco e del mutuo appoggio, ed inoltre i piaceri che può loro offrire la vita sociale>>, Il mutuo appoggio fattore dell’evoluzione, 1902.
In occasione della 22a Giornata Mondiale della Terra, partendo dalla riflessione sulla natura interna ed esterna all’uomo, si spera di approdare a un’etica oggettiva inopinabile sottesa dall’archetipo etico della natura. Si auspica un’introspezione oltre l’inconscio individuale che, meditando sugli archetipi dell’inconscio collettivo, cioè sulle categorie simboliche che strutturano mentalità e culture umane, ossia i modelli naturali ed elementari di comportamento e le rappresentazioni derivanti dall’esperienza umana evolvente nei corsi e ricorsi della storia, ci riporti alla simbiosi e alla conciliazione con la natura.