Seconda guerra mondiale: gli scienziati nazisti diventati “americani”
Il mondo che conosciamo oggi, tecnologico e sostanzialmente capitalistico, anche in quei paesi che credono di professare “altre politiche economiche”, è il preciso risultato delle avventure belliche di inizio secolo scorso. La Seconda guerra mondiale, per alcuni erroneamente da relegare in polverosi libri di storia, ha cambiato sostanzialmente il pianeta e lo ha modernizzato, purtroppo in modo tremendo, non solo come diretta conseguenza degli scontri di mare, aria e terra, ma assurdamente ancor più per tutta una serie di operazioni speciali avviate rapidamente nelle immediate settimane precedenti e seguenti il crollo della Germania nazista.
Una di queste operazioni, avviata proprio sul finire del conflitto, fu quella con la quale i vincenti Stati Uniti d’America diedero asilo a numerosi scienziati nazisti, li portarono nel proprio territorio sottraendoli ufficialmente alle “pene” sovietiche, ma soprattutto ne acquisirono ricerche e progetti sperimentali per assicurarsi vantaggi militari ed economici dopo la fine ufficiale della guerra.
Un fulmineo scontro segreto, fondamentale per l’Occidente, che si combatté tra USA e URSS nel giugno del’45, quando l’obiettivo principale dei militari divenne trovare personaggi del calibro di Wernher von Braun, il più importante tra gli scienziati nazisti impiegati nello sviluppo delle “armi segrete” con cui Hitler aveva provato tardivamente a ribaltare le sorti dello scontro. Von Braun, il più grande esperto mondiale di missili, inventore della famosissima V2, l’arma di rappresaglia per eccellenza dalla quale gli americani avviarono la corsa ai vettori intercontinentali e perfino alla conquista dello spazio, fu però solo la punta di lancia di circa 1600 medici, tecnici e ingegneri cui fu data una “seconda possibilità” ancor prima che il III Reich fosse messo a processo a Norimberga.
Caso emblematico della difficile situazione strategica militare di fine conflitto, di un mondo che doveva riequilibrarsi, ma non meno di una poco etica volontà di supremazia economica in grado di assorbire personalità ampiamente coinvolte nelle nefandezze del regime nazista, incredibilmente trasformate in “star del sogno americano”, addirittura premiate con le massime onorificenze in ambito scientifico-militare. Per anni la propaganda occidentale, per lavarsi la coscienza e anticipare le critiche, presentò ad esempio il genio tedesco della missilistica come un personaggio solo assorbito dalla ricerca, dal suo lavoro, poco informato sulle scelte del regime nazista, per poi arrivare, in tempi recenti, anche grazie ad una bravissima giornalista d’inchiesta, Annie Jacobsen, alla conferma che nelle fabbriche delle V2 venivano usati prigionieri dei campi di concentramento, morti a migliaia per le disumane condizioni di lavoro necessarie a costruire i suoi missili!
Il “dottore”, ad ogni modo, fu solo uno dei tanti personaggi coinvolti nella cosiddetta “Operazione Paperclip”, una vera e propria manovra militare per mettere al servizio dell’industria bellica americana tutti quei geni tedeschi che, segnalati dall’intelligence d’oltreoceano, avrebbero portato con sé l’incredibile “know how” in grado di trasformare gli States in una grande superpotenza militare ed economica, bloccando il “pericolo sovietico” e l’inevitabile arrivo della “guerra fredda”. Come si direbbe oggi, non fu difficile convincere quei 1600 uomini al cambio di casacca. Anche per sfuggire alla certa repressione sovietica, questo reclutamento forzato fu sostanzialmente volontario, incentivato tra l’altro dalla possibilità di portarsi dietro l’intera famiglia, di conservare in molti casi addirittura le insanguinate ricchezze accumulate negli anni di guerra, ma ancor più avendo la certezza di continuare le proprie ricerche ripulendo praticamente il proprio nome grazie ai “superiori” interessi degli Stati Uniti. In un colpo solo la pulizia della coscienza e l’assicurazione di una vita anche migliore di quanto avessero potuto immaginare sotto lo stesso regime nazista. Nel corso dei decenni, però, vennero a galla numerose imbarazzanti storie quando, assurdamente, i carnefici si ritrovarono perfino a lavorare fianco a fianco con le vittime, con quegli ebrei o dissidenti vari che erano fuggiti dalla Germania ancor prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Sempre nell’ambito delle operazioni di sviluppo della potenza missilistica e della corsa allo spazio, è nuovamente emblematico citare il caso di von Braun, ufficialmente iscritto nei ranghi delle SS, e dello scienziato ebreo Abraham Silverstein. Impegnati entrambi nel dopoguerra nello sviluppo del potente razzo Saturn, quello che avrebbe portato l’uomo sulla Luna con le missioni Apollo, Silverstein la spuntò sull’ex nazista con l’uso della propulsione ad idrogeno e von Braun fu costretto dagli eventi ad inviargli uno storico biglietto di congratulazioni, il 9 novembre del 1967, tra evidentissimi imbarazzi più o meno coperti dall’amministrazione statunitense. Una storia, quella dei cosiddetti nazisti d’America, talmente assurda da finire sotto le maglie del controllo delle agenzie di sicurezza nazionale, anche per coprire nomi davvero poco difendibili come quello di Hubertus Strughold, il “padre della medicina e delle tute spaziali”, che in patria aveva pienamente partecipato ai cinici esperimenti sui prigionieri del campo di concentramento di Dachau. Usando anche bambini, lo scienziato nazista tanto osannato negli States raccolse sul sangue dei prigionieri di guerra i dati sulle reazioni dell’uomo alla mancanza di ossigeno, quindi utili al volo spaziale o d’alta quota. Ma la lista degli scienziati nazisti portati in America incluse anche uno degli inventori del terribile gas nervino Sarin, il “chimico” Otto Ambros, e ovviamente tanti altri nomi che preferiremmo dimenticare e invece, assurdamente, sono stati trasformati negli ideatori di molte delle tecnologie usate ancora oggi. La Seconda guerra mondiale fu anche questo. Non dimentichiamolo mai.