Il terzo Cavaliere dell’apocalisse: crisi economica, carestia, terremoti
All’apertura del terzo sigillo, giunge la terza spettrale figura così rappresentata:
<<E vidi immediatamente apparire un cavallo nero, e colui che vi stava sopra aveva in mano una bilancia. Sentii come una voce in mezzo ai quattro Viventi che diceva: “Due libbre di frumento per un denaro, sei libbre d’orzo per un denaro, ma l’olio e il vino non li toccare”.>>
Il cavallo del terzo cavaliere è di colore nero. Il cavaliere non fa uso di armi ma di una bilancia, e fa riferimento a una situazione di carenza alimentare e ingiustizia sociale. L’olio e il vino che sono cibi pregiati saranno normali o abbondanti mentre il frumento e l’orzo che sono cibi di prima necessità saranno carenti e scarsi. Quindi, i ricchi continueranno a prosperare, mentre i poveri dovranno pagare molto il loro cibo. La terza figura annuncia l’insufficienza dei prodotti della terra, con la loro conseguente scarsità, il razionamento e se non proprio la fame. La bilancia è simbolo di equilibrio tra i bisogni essenziali, e non artificiali, dell’umanità e i ritmi naturali.
È l’incapacità di sfamare tutti, una disparità che si verrà a creare o che si è già creata?
È in arrivo una nuova devastante crisi economica mondiale? Quali sono le cause?
Le premesse, su cui si basa il pensiero di una prossima crisi economica mondiale, si rifanno alle opere di alcuni pensatori illuminati, Marcel Mauss, Ivan Illich, Karl Polanyi, Serge Latouche ecc.
La prima premessa riguarda il pensiero economico dominante che considera l’unico indicatore di benessere della popolazione, la continua crescita del reddito nazionale. Il carattere mitico del concetto di sviluppo “come la realizzazione dei desideri e delle aspirazioni di tutti e di ciascuno” continua ad essere il pensiero dominante nel linguaggio di quasi tutti i politici e nelle pagine dei rapporti delle organizzazioni internazionali, mentre aumenteranno paurosamente le persone i cui diritti essenziali sono ignorati. È un modello economico basato sul prelievo ed uso, senza limiti di materie prime, ed è ormai evidente che l’impiego delle riserve ancora ipotizzabili sul pianeta, senza tenere conto della limitatezza delle risorse del suolo, creerà nei prossimi anni delle enormi difficoltà nei processi industriali.
La seconda premessa riguarda la situazione reale delle terre e delle acque del pianeta, la drammatica situazione in cui versa il pianeta nel suo insieme: i rapidi mutamenti climatici indotti dall’attività umana; l’emissione di Co2 che ha causato, in gran parte, il riscaldamento dell’atmosfera determinando “l’effetto serra”; i meccanismi di produzione con danni ambientali, alcuni dei quali irreversibili o tra loro interagenti; la scomparsa, a un ritmo preoccupante negli ultimi anni, di specie animali e vegetali, con la perdita della preziosa diversità genetica.
Quest’analisi evidenzia le logiche di causa-effetto e cioè delle imprese o delle politiche all’origine dei danni arrecati al pianeta. Il carattere sistemico dei fenomeni sono riconducibili al sistema economico e finanziario oggi dominante che ha visto il pianeta come risorsa da sfruttare illimitatamente, incurante del fatto che all’interno della biosfera operano dei meccanismi delicatissimi di riproduzione e di continuo riequilibrio.
La terza premessa è il raggiungimento del “picco di produzione”, cioè il momento in cui i costi della produzione, poiché le materie prime divengono scarse e costose, superano i guadagni derivanti dall’immissione sul mercato. Di nuovo, siamo di fronte al fatto che il pianeta è un sistema finito. Si tratta dell’esaurimento del petrolio, del gas e delle varie fonti energetiche, nonché di altre materie prime fondamentali, da quelle agricole a quelle per usi industriali, essenziali per i prodotti elettronici.
L’uomo in passato avrebbe vissuto in armonia con la natura salvaguardandola, e rispettando i lenti cicli naturali con sacralità sancita nelle feste, negli usi e nei costumi. La felicità sarebbe stata esperita come una forma di equilibrio tra i propri essenziali, e non artificiali, bisogni e i ritmi naturali. Invero, con l’avvento della ragione calcolante l’uomo si è imposto su di essa come un dominatore appalesandosi quale violentatore della propria prodiga Madre. Queste premesse sono interpretate quali segni inoppugnabili della probabile prossima catastrofe, e l’Occidente, artefice del dominio, sarebbe sull’orlo di un clamoroso fallimento.