T-shirts si, T-shirts no!
Essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione perfino biologica (Salvador Allende). La Marina degli Stati Uniti ha introdotto il capo d’abbigliamento che oggi noi chiamiamo T-shirt nel 1913. Doveva essere indossata sotto l’uniforme normale maschile e anche l’esercito americano ha iniziato a usarla subito dopo. Ha avuto grande successo come indumento maschile anche per altri lavori, tra i minatori e i contadini, e la parola T-shirt è apparsa per la prima volta in un dizionario nel 1920. Marlon Brando, con il suo film A Streetcar Named Desire del 1951, ha lanciato la T-shirt come un indumento alla moda. La serigrafia fu inventata nello stesso decennio, ma divenne più popolare negli anni ’60, quando sulla T-shirt iniziarono ad apparire loghi e pubblicità. La T-shirt tradizionale è la versione a maniche corte, che ricorda maggiormente la lettera maiuscola T, da cui deriva il suo nome. Oggigiorno ci sono molti stili diversi di magliette, tra cui le long-sleeved T-shirts, comunemente indossate come indumenti sportivi, come si è visto in questo episodio della storia. Le magliette con il collo solitamente vengono chiamate polo shirts (definite sui cataloghi come smart casual) o rugby shirts, generalmente più lunghe e più spesse (e definite come casual o sportswear). Quanti di noi indossano una semplice t shirt ed un paio di jeans, senza accorgersi che tutto abbia un senso, facciamo stile, facciamo moda anche in modo abitudinario. Siamo quello che mangiamo e siamo quello che indossiamo ma la semplicità è nascosta in un legame fortissimo di uguaglianza che invochiamo anche attraverso una tshirt.