Arrivata, anche se troppo tardi
Si arruolò giovanissimo, Enzo, all’età di ventidue anni e venne assegnato, come Sottotenente di Complemento, al 7° Alpini, di stanza a Belluno. Nel mese di maggio del 1942, dopo circa sei mesi dal suo arrivo, il Reggimento ricevette l’ordine di partire per il fronte, inquadrato nell’ARMIR (VIII Armata, inviata da Mussolini in Russia) del Generale Italo Gariboldi, alle dipendenze dirette del Corpo d’Armata Alpino.
Vincenzo Fugalli, figlio di Luigi e di Maria Tresca, era nato a Barletta, il 6 settembre 1919. All’età di due anni, con la famiglia, si era trasferito a Treviso, dove il padre aveva trovato un buon lavoro. Quando decise di indossare l’uniforme, si allontanò da casa con la gioia del patriota e la fierezza di chi è chiamato a servire il proprio Paese. Ma non vi fece mai più ritorno, lasciando la sua giovinezza sul campo di battaglia, il 26 gennaio 1943, nella cruenta battaglia di Nicolajevka.
Quel 24 dicembre, in tarda serata, avvertì il bisogno di scrivere ai propri cari, per gli auguri e per rassicurarli sulla propria salute. “Carissimi, perdonate il ritardo inevitabile di questa mia. È la notte di Natale, sto scrivendo, intanto nel ricovero che è attiguo al mio, stanno intonando la Pastorella e si dimenticano persino del rancio che tarda ad arrivare. Fuori nevica forte, si vede che il Bambino deve nascere anche qui, l’ambiente è quanto più propizio e suggestivo. Le vedette hanno un po’ freddo e molta nostalgia”, scriveva in un passaggio, il giovane tenente. “Non mi sono mai sentito più orgoglioso, più fiero e più tranquillo di adesso. Sarei felice se sapessi che tra di voi ci fosse soltanto un poco della mia tranquillità. Siate sereni: ho la convinzione assoluta che non mi potrà mai capitare niente, anche se camminassi in mezzo alle mine o se andassi a cento assalti. La soddisfazione che provo ad essere il capo, il confidente, l’amico di questi ragazzi magnifici sarà certamente la più bella di tutta la mia vita. Meno mangiano e più lavorano, meno dormono e più sono svegli, quando il sacrificio è maggiore, maggiore è la loro allegria. Vorrei raccontarvi di ognuno di loro perché uno è migliore dell’altro. Ho ragazzini di appena vent’anni e reduci dell’Africa, dell’Albania, della Francia, del Montenegro, molti hanno già famiglia, molti raccontano dei figli lontani, ma nel dovere, nel servizio gravoso, nell’obbedienza e nella compassione reciproca. Domani quando sarà giorno e potremo finalmente provare un po’ a dormire, pur con gli eterni scarponi ai piedi, sognando il Bambino, il nostro sogno sarà roseo e innocente come quello dell’infanzia. Qui si diventa buoni. Buon Natale, pace tanta, Enzo”.
Quelle parole, così cariche di orgoglio per la Patria e per i propri uomini, avviliti e fiaccati dai proiettili e dal gelo dell’inverno russo, non giunsero mai ai coloro che con trepidante ansia le attendevano da tempo.
Poi, dopo settantotto anni, agli inizi dell’estate scorsa, quella missiva è stata recapitata ad un familiare del tenente. Un reduce di guerra, Tino Davini, di Mantova, in uno dei suoi continui viaggi in Russia, per ritrovare e rimpatriare le salme dei soldati italiani, entrò in possesso della lettera e la ripose, sicuramente per non perderla, tra le pagine di un libro. Un libro che, per caso, capitò nelle mani della figlia Olga, dopo la sua scomparsa.
La signora Davini decise, immediatamente, di restituirla alla famiglia Fugalli. Dopo lunghe e complicate ricerche, con l’aiuto dell’U.N.I.R.R. (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia), dell’Archivio di Stato Bari (tramite la sezione di Barletta) e dell’emittente televisiva TELENORBA, alla fine è riuscita a rintracciare una nipote, Serena Fugalli, figlia di un fratello di Enzo.
La consegna ufficiale è avvenuta lo scorso 4 giugno 2021, presso la sede comunale di Barletta, alla presenza del Sindaco Cosimo Cannito e di numerose autorità nazionali e locali. Il Primo Cittadino, nel suo discorso istituzionale, ha detto: “Una missione carica di umanità, una lezione di sensibilità, che considero un privilegio aver ascoltato dalla voce di chi ne è artefice. Esprimo tutta la mia ammirazione per l’esemplare ostinazione, che ha animato l’operato della signora Olga Davini, ripagata dall’emozione dei parenti di Vincenzo Fugalli, che possono rientrare in possesso di una lettera dal valore affettivo inestimabile. Tutta la città Barletta”, ha concluso, “deve essere grata per questo gesto di assoluto valore”.
Al di là di questa straordinaria storia, è giusto ricordare nuovamente (argomento già trattato in precedenza) che la Battaglia di Nikolajewka (oggi Livenka), combattuta il 26 gennaio 1943 sul fronte russo, rappresentò uno degli scontri più sanguinosi ed importanti del secondo conflitto mondiale, avvenuta durante il ripiegamento delle residue forze dell’Asse, nella parte meridionale del fronte orientale. Il combattimento prende il nome dal borgo situato nella piana del Don e dove le truppe alpine, supportate dalla fanteria di linea italiana, già stremate e decimate dal freddo inverno russo, affrontarono la maggior parte delle forze sovietiche, decise a rompere l’accerchiamento ed a continuare la propria ritirata verso casa. Fu la “battaglia della disperazione e della salvezza”, come la definì lo scrittore, Nuto Revelli, ufficiale e partigiano, sul quotidiano “La Stampa”, nel lontano gennaio 1963. Così si leggeva: “Il Corpo d’Armata Alpino, accerchiato da reparti corazzati, aveva cominciato a ripiegare dalla linea del Don, il 17 gennaio di quell’anno. Il suo Comandante, il valoroso Generale Gabriele Nasci, poteva contare sui cinquantasette mila uomini delle Divisioni “Cuneense”, “Julia”, “Tridentina” e “Vicenza”. Dopo nove giorni di combattimenti e di marce forzate, in condizioni ambientali tremende, affondando nella neve fino alle ginocchia, a quaranta gradi sotto lo zero, quelle truppe disperate, finirono per essere decimate, dalla morte e dalla cattura dei russi. Tra quegli Eroi, è doveroso ricordare il Generale di Divisione degli Alpini, Luigi Reverberi, Comandante della nobile “Tridentina”, che riuscì a salvare e riportare in Patria buona parte dei suoi uomini. Rimase celebre il suo esortante incitamento: “Avanti, Tridentina! Avanti!”.
Al Generale Nasci venne conferita una Medaglia d’Oro al Valor Militare, con questa motivazione: “Comandante della Tridentina, ha preparato, forgiato e guidato sagacemente, in Russia, con la mente e con l’esempio, i suoi Reggimenti, che vi guadagnarono, a riconoscimento del comune eroismo, medaglie d’Oro al Valor Militare. Nel tragico ripiegamento del Don, dopo tredici combattimenti vittoriosi, a Nikolajewka il nemico, notevolmente superiore in uomini e mezzi, fortemente sistemato su posizione vantaggiosa e deciso a non lasciar passare, resisteva ai numerosi, cruenti nostri tentativi. Intuito essere questione di vita o di morte per tutti, il Comandante, nel momento critico e decisivo, si offre al gesto risolutivo. Alla testa di un manipolo di animosi, balza su un carro armato e si lancia leoninamente, nella furia della rabbiosa reazione nemica, sull’ostacolo, incitando con la voce e il gesto la colonna che, elettrizzata dall’esempio eroico, lo segue entusiasticamente a valanga, coronando con una fulgida vittoria il successo della giornata ed il felice compimento del movimento. Esempio luminoso di generosa offerta, eletta coscienza di capo, eroico valore di soldato. Nikolajewka (fronte russo), agosto 1942-gennaio 1943”.