Senti chi parla

Nell’imperdibile libro “Mani bucate”di Marco Cobianchi la Fiat occupa un posto di assoluto rilievo: nel ricostruire molte delle vicende relative ai finanziamenti alle industrie nazionali, si rendiconta come anche sotto la direzione di Sergio Marchionne la casa torinese abbia ricevuto copiose iniezioni di denaro pubblico che la impegnavano ad assunzioni di responsabilità e al rispetto di piani d’investimenti. Dice Cobianchi che “nessuno è in grado di ricostruire quanti finanziamenti abbia effettivamente incassato nel corso degli anni, perché il gruppo Fiat si articola in centinaia di società controllate e prende soldi da una miriade di amministrazioni pubbliche”; quanto al rispetto dei patti la cronaca recente ci è testimone dell’abbandono dello stabilimento di Termini Imerese, delle minacce di trasferire testa e capitali all’estero, del ricatto ai lavoratori di Pomigliano presi per il collo, nella connivente indecenza d’una larga approvazione.
Nel caso, è quantomeno fuorviante che Fiat utilizzi la leva dell’amor patrio per farsi preferire ai concorrenti, rappresentandosi da sempre attraverso le icone dell’italianità; a dar retta ai numeri risulta infatti evidente la cuccagna di cui Fiat negli anni ha goduto a spese degli italiani e, se si vuol dar retta a Mario Draghi, anche in loro danno: “i sussidi alle imprese sono inefficaci e creano distorsioni che penalizzano gli imprenditori più capaci”.
Nonostante ciò l’azienda di Marchionne non rinuncia ad impartirci la lezioncina su “l’Italia che ci piace” e da qualche giorno manda in televisione la pubblicità dell’ultima Panda, un minuto e mezzo di “addestramento” nel quale una voce fuori campo invece di descrivere il prodotto, descrive l’Italia mediante sequenze filmate che si fanno il contrappunto. Da una parte l’Italia “capace di grandi imprese industriali” delineata dalle immagini dello stabilimento di Pomigliano, tirato a lucido per l’occasione, dall’altra la zavorra rappresentata con le icone del folclore della Napoli dei maccheroni, dei pulcinella, dei panni stesi e (considerando il periodo di grande conflittualità tra azienda e maestranze) dei rompiscatole che fanno storie.
Un insulto ai napoletani a cui si chiede di scegliere quale Italia essere, che suona come una nuova piemontesizzazione, ma ai napoletani non sfugge che in questa Italia, Marchionne si guarda bene dal trasferirci la residenza fiscale.

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