Alika perdonaci…anzi no!
Alika perdonaci. Anzi no! Non perdonarci perché non lo meritiamo, non ne siamo degni.
Civitanova Marche, cittadina tranquilla in provincia di Macerata. Tranquilla almeno fino a ieri quando è salita alla ribalta delle cronache per il brutale e disumano assassinio di Alika Ogorchukwu, nigeriano di 39 anni, massacrato di botte per strada, lungo il centralissimo Corso Umberto, sotto gli occhi dei passanti.
Alika è stato aggredito prima con la sua stessa stampella che usava dopo essere stato investito mentre era in bicicletta lo scorso anno, colpito alla testa più volte e poi finito a mani nude, come risulta dai verbali della polizia e dai filmati delle telecamere di videosorveglianza installate nella zona.
A compiere la ferina e orrenda aggressione è stato Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, subito arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Dai primi rilievi e testimonianze e dalle stesse prime dichiarazioni di Ferlazzo, l’aggressione sarebbe avvenuta per futili motivi: l’insistenza di Alika nel chiedere l’elemosina, come faceva spesso davanti ai negozi del centro, e pare poi per aver trattenuto per un braccio la fidanzata dell’omicida. Era una brava persona Alika, viveva con la moglie e il figlioletto nella vicina San Severino Marche e, conosciuto da tutti, non dava fastidio a nessuno.
Quello che ha scatenato la ferocia inaudita del Ferlazzo sarà appurato dalla polizia e poi la giustizia farà il corso, almeno si spera, ma quello che lascia sgomenti è la dinamica della morte dell’uomo nigeriano.
Decine di persone hanno assistito all’aggressione e tranne un grido lontano “Lascialo, così lo uccidi!”, NESSUNO è intervenuto a sedare la lite e ad aiutare Alika.
E quel che rende la vicenda ancor più orribile è che i presenti erano intenti a filmare con il cellulare quello che stava accadendo senza pensare che stavano riprendendo gli ultimi istanti di vita di uomo.
O forse lo sapevano.
Viene da chiedersi cosa siamo diventati. Episodi simili a quello di Civitanova riempiono ormai le cronache dei giornali, violenza e indifferenza sembrano essere il pane quotidiano degli italiani, eravamo un popolo solidale e inclusivo e non lo siamo più.
O forse non lo siamo mai stati.
Tutta la nostra vita deve scorrere sui social, si cerca lo scoop sensazionalistico, si elemosinano likes e consensi, per un po’ di visibilità in più si è disposti a vendere l’anima. Ma davvero l’essere umano è diventato questo? Davvero la vita umana non vale più niente? Davvero non si corre in aiuto di un uomo che urla di dolore per strada per non distogliere gli occhi dallo schermo di un telefonino?
Come sempre succede in questi casi, poi arriva l’indignazione e anche questa volta non è mancata.
Anche se, il più delle volte, viene affidata ai social. Politici, autorità, personaggi illustri affidano a post da condividere on line, il loro sgomento, la loro rabbia, il loro sdegno e frasi come “Adesso non bisogna dimenticare” oppure “Anche per Alika dobbiamo fare in modo che ciò che è accaduto non accada più” riempiono social, carta stampata e collegamenti e servizi dei telegiornali.
Applausi per tutti! Bravi! Belle parole. Ma appunto solo parole, che lasciano il tempo che trovano.
E’ l’indifferenza il male dell’essere umano, come accaduto in provincia di Milano qualche giorno fa dove una bimba di 18 mesi è morta per essere stata lasciata sola dalla madre una settimana intera senza che nessuno dei vicini facesse anche solo una semplice telefonata per avvertire le autorità. Eppure sapevano perché già era successo. O come quasi quotidianamente si legge, di persone che muoiono a case da sole e vengono “ritrovate” solo dopo mesi.
Cosa siamo diventati? Non c’entra il razzismo nel caso di Alika, non c’entra voler a tutti i costi dire, come sottolineato più volte durante i collegamenti dei TG, che l’aggressore risiede a Civitanova ma è di origine campana, per la precisione è salernitano. C’entra forse con l’indifferenza dei civitanovesi? No, non c’entra! E’ solo indifferenza, è solo disumanità e quelle purtroppo non hanno appartenenza geografica. È solo anima inaridita.
Perciò, non perdonarci Alika, non lo meritiamo.