Legalità procedurale: il compromesso raggiunto per compensare i deficit di legalità sostanziale e di legittimazione democratica delle AA.II. Parte I

È stato più volte affermato che le Autorità Amministrative Indipendenti possono essere assunte quale osservatorio privilegiato dei mutamenti contemporanei del diritto pubblico in generale e del diritto amministrativo in particolare.
Lo svolgimento dei compiti assegnati alle A.A.I. richiede competenze specifiche, che non si possono ragionevolmente pretendere né dal legislatore né da una qualsiasi amministrazione pubblica, e rapidità di interventi regolamentari e di vigilanza, in ragione della continua evoluzione che si registra in determinati settori e della complessità degli interessi in essi coinvolti, i quali impongono tempi tecnici incompatibili, per quanto concerne l’attività regolatoria, con quelli parlamentari e, per quanto attiene ai profili di vigilanza e di garanzia dei mercati, con quelli ordinari della pubblica amministrazione.
Di qui, la necessità, avvertita anche a livello comunitario, di fare ricorso ad organismi dotati di alta specializzazione, in grado di predisporre specifiche regole tecniche rivolte agli operatori del settore: alla duplice condizione che la materia affidata a detti organismi non sia sottoposta a riserva di legge e che, nella legge istitutiva dell’Autorità o in altra fonte normativa primaria, siano rinvenibili criteri di fondo per l’esercizio dei relativi poteri.
La dottrina si è chiesta se sia possibile che lo svolgimento della funzione di regolazione della vita associata possa essere affidata anche a soggetti non esponenziali della comunità quali sono le A.A.I. e se le ragioni che rendono necessarie tale affidamento possono essere affidate alle stesse.
Per rispondere affermativamente a questi quesiti risulta necessario verificare se effettivamente queste Autorità posseggano il requisito della indipendenza-neutralità che le legittimi allo svolgimento della funzione di regolazione pur essendo prive di legittimazione democratica.
Bisogna domandarsi quando è ammissibile affidare la funzione di regolazione a soggetti non rappresentativi; in caso affermativo quali garanzie siano comunque indispensabili; se sono effettivamente indipendenti le A.A.I. secondo l’ordinamento vigente.
La funzione di regolazione può ben dirsi affidata a soggetti privi di legittimazione democratica laddove si tratti di curare interessi pubblici che lo Stato non è in grado di perseguire «sia perché la loro morfologia giuridica si presenta diversa da quella tradizionale; sia perché il settore nel quale si danno interessi siffatti è connotato da una significativa, rilevante, complessità tecnica».
Affidare la cura di questi particolari interessi pubblici a soggetti non legittimati democraticamente richiede la loro neutralità, intesa come indifferenza rispetto agli interessi da regolare e quindi l’indipendenza delle Autorità. Tale indipendenza non è la loro ragione d’essere, bensì la condizione indispensabile che esse devono disporre, affinché possano dettare regole di convivenza in alcuni settori delicati, pur essendo privi di legittimazione democratica.
In proposito la giurisprudenza amministrativa conferma questo assunto. Così il Consiglio di Stato, sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521, esprimendosi con riguardo alla potestà normativa dell’energia elettrica e del gas, afferma che alle autorità amministrative di regolazione «la legge attribuisce non solo compiti di attuazione delle misure di liberalizzazione, ma anche funzioni di regolazione del comportamento degli operatori economici». Il Giudice spiega che negli ambiti caratterizzati da particolare tecnicismo le leggi di settore attribuiscono alle Autorità non solo poteri amministrativi individuali ma anche poteri regolamentari.
In questi casi il principio di legalità, sempre secondo il G.A. impone non solo l’indicazione dello scopo che l’autorità amministrativa deve perseguire, ma anche la predeterminazione, in funzione di garanzia del contenuto e delle condizioni dell’esercizio delle attività. Nel caso degli atti regolamentari, la legge normalmente non indica nei dettagli i loro contenuti. La parziale deroga al principio di legalità sostanziale si giustifica, ad avviso del Supremo Collegio, in ragione dell’esigenza di assicurare il perseguimento di fini che la stessa legge predetermina: «il particolare tecnicismo del settore» impone, infatti, di assegnare alle Autorità il «compito di prevedere e adeguare costantemente il contenuto delle regole tecniche all’evoluzione del sistema».

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