La Cassazione: è reato detenere tanti cani in un appartamento molto piccolo. Rischia fino a un anno di carcere

Un anno di carcere o diecimila euro di multa rischia chi detiene molti cani in un appartamento troppo piccolo, a maggior ragione se non cura l’igiene degli spazi nei quali sono gli animali. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza 1607/22 ha rilanciato ancora una volta l’assoluta importanza del rispetto verso i cani e le loro caratteristiche etologiche. La terza sezione penale ha motivato la sua decisione spiegando che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 727 cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze consiste non solo in quella che può determinare un vero e proprio processo patologico nell’animale, ma anche in quella che produce meri patimenti. Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, Presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Assumono rilievo non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psicofisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione. Infatti, la L. 22 novembre 1993, n. 473, di modifica dell’art. 727 cod. pen., ha radicalmente mutato il presupposto giuridico di fondo sotteso alla tutela penale degli animali, i quali sono considerati non più fruitori di una tutela indiretta o riflessa, nella misura in cui il loro maltrattamento avesse offeso il comune sentimento di pietà, ma godono di una tutela diretta orientata a ritenerli come esseri viventi. È stato, quindi, ritenuto integrato il reato in esame anche in situazioni quali la privazione di cibo, acqua e luce, o le precarie condizioni di salute, di igiene e di nutrizione, nonché dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare loro gravi sofferenze; ed è stato anche precisato che non è necessaria la volontà del soggetto agente di infierire sull’animale né che quest’ultimo riporti una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti”.

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