Lettera a mio figlio
Mio caro figlio, credevo di invecchiare restando accanto a te, ma un crudo destino ti ha portato lontano.
Sei stato la mia gioia e il mio orgoglio. Il giorno della tua partenza ci scambiammo un forte abbraccio, mentre le lacrime bagnavano i nostri volti tristi. Ho salito tante scale, ho bussato a tante porte implorando un aiuto, ma tutti sono stati sordi ed impietosi; primo fra tutti colui che si pavoneggiava, sulla poltrona girevole, promettendo di soddisfare le richieste di un padre in lacrime. Furono promesse vane che dimostrarono la pochezza mentale, l’insensibilità e la maledetta vanità che tuttora albergano nel suo animo. Le lacrime di un padre non servirono a nulla! Fummo ambedue ingannati da chi si diceva amico. I latini dicevano: ”Amicus certus in re incerta cernitur “ (L’amico vero si riconosce nella disgrazia) e noi non incontrammo l’amico vero che avrebbe dovuto capire il nostro dolore! Quel tizio, dal sorriso ipocrita ed amaro espresso a mezza bocca, prometteva per te, caro figlio mio, “mari e monti” ed aveva la sfacciataggine di rinnovare le stesse promesse ogni qualvolta supplicavo il suo aiuto. Si proclamava persona fedele alle promesse, un uomo che non sarebbe venuto meno alla parola data! Purtroppo, mio caro e adorato figlio, non fu così! Questo è lo stile di vita degli invertebrati, di coloro che sono nati senza spina dorsale. Costui non sarà mai un vero uomo, ma un viscido verme! Il mio silenzio avrebbe fatto comodo, ma come può tacere un padre raggirato e mortificato? Mio caro figlio, stanco delle false promesse, decidesti di ritornare nella Terra che ti diede i natali: l’America del Nord, la tua Patria; quella che al tuo papà offrì un onesto e dignitoso lavoro: Una Terra che, da lunghi anni, accoglie tanti bisognosi e che a tutti concede la gioia di un lavoro onesto e redditizio; dove non incontrerai mai un voltagabbana un falsario dell’amicizia, un vanitoso venditore di promesse, un esibizionista ricco solo di boria, presunzione e ridicola prosopopea che si gongola di una popolarità da periferia, che si pavoneggia, la domenica mattina in piazza, per un gloria ritenuta, da altri, effimera e passeggera. Della mia Patria, di quella Italia che io porto nel cuore, vorrei che tu serbassi l’amore che il tuo papà ti ha trasmesso perché è quella di Dante, Leopardi, Manzoni, Caravaggio, Marconi, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, tutti italiani immortali che hai studiato all’Istituto Magistrale. Questa è l’Italia che ti chiedo di portare nel cuore, l’Italia di Verdi, Puccini, Bellini, Donizzetti, Leoncavallo, Mascagni, grandi musicisti che hai “conosciuto”durante gli anni del Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli, musicisti che tutto il mondo ci invidia. Dimentica, figlio mio, le delusioni, gli inganni, le falsità, l’ipocrisia, l’indifferenza l’insensibilità di coloro che si dicevano amici del tuo papà e ricordati di considerare l’amicizia un sacramento, come fa il tuo papà. Dimentica tutto e tutti, ma non dimenticare mai, mio caro figlio, il tuo papà che ti scrive con gli occhi colmi di lacrime e l’animo profondamente addolorato. E’ stato triste vederti partire e, se per colpa di un falsario dell’amicizia resteremo lontani, ti sarò vicino attraverso il telefono per ascoltare la tua voce che per ben 35 anni ha allietato la mia esistenza. Serberò nel cuore i giorni vissuti con te e tua sorella Rita anche ella in America del nord ed il vostro ricordo mi aiuterà a proseguire il cammino che mi resta. Ricorderò sempre il vostro assiduo impegno negli studi, i lusinghieri giudizi dei vostri professori ed il coronamento finale che mi rese tanto felice ed orgoglioso dei miei due cari figli. Provai una gioia immensa quando tu conseguisti il diploma magistrale e quello di musica, in sassofono, lo strumento di cui ti innamorasti fin da bambino e quando tua sorella Rita si diplomò all’Istituto Superiore di Educazione Fisica riportando il voto di centodieci e lode. Quella mattina piansi di commozione e a Rita dissi: “Come sarebbe stato bello se, oggi, la mamma fosse stata con noi!”. Vi rivedo nelle vostre stanze, ora vuote, intenti a studiare ed io in cucina a preparare il pranzo o la cena, mentre d’intorno regnava un triste silenzio, il silenzio della dimenticanza da parte di tutti. Anche io, caro figlio, fui ingannato da chi si professava amico e quella fu la dimostrazione concreta e significativa, dei versi del poeta Ungaretti. “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera.”. Mai come allora questi versi furono tanto veritieri. Abbiamo sofferto insieme la perdita della cara mamma ed insieme abbiamo superato tante tristi vicissitudini, soli e dimenticati da tutti. Ci siamo sostenuti a vicenda superando indicibili difficoltà. Ho fatto di te, caro figlio mio, un uomo che, stanco di vane ed inutili promesse, decise di iniziare una nuova vita in un Mondo Nuovo. Avrai un Angelo che ti sarà certamente vicino, la tua adorata mamma, per sostenerti nel cammino della vita che il tuo papà ti augura felice e serena. Alle vigliaccate ricevute il tuo papà risponde confidando nel giudizio di Dio, unico giudice a cui tutti, un giorno, renderemo conto della nostra vita terrena. Che il Signore ti protegga, figlio mio, e ti renda la vita sempre rosea e serena insieme alla tua cara moglie Ivana, la dolce compagna che, con te, proseguirà nel nuovo cammino della vita. Ho avuto la gioia di riabbracciarvi e trattenermi con voi per ben due mesi, Ora posso vivere quel che mi resta della mia vita nella più completa serenità. Resterò quì, insieme a Cristina, ad attenderti e, se il Signore ce lo concederà, potrò ancora una volta stringere al cuore i miei figli: Franco e Rita, le prime vere gioie della mia vita. Con affetto, il vostro papà.