Teatro Elicantropo di Napoli Strafàust di Massimo Maraviglia
Il regista partenopeo porta in scena l’erede degenere di tutti i Faust che lo hanno preceduto, qui precipitato in uno squalificato eterno presente.
Sarà in scena al Teatro Elicantropo di Napoli, da giovedì 6 aprile 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 9), Strafàust, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Massimo Maraviglia, che vedrà interpreti in scena Giulia De Pascale, Massimo Finelli, Daniele Sannino, Giovanni Scotti.
Presentato da Cantieristupore, l’allestimento si avvale delle scene di Luca Serafino, i costumi di Patrizia Baldissara, le musiche di Canio Fidanza e Massimo Maraviglia.
Strafàust è una scrittura originale, che trova le sue radici ideative in quello che Jan Watt definisce in un suo noto saggio, uno dei miti dell’individualismo moderno: Faust.
Più specificamente, il testo assimila la sostanza narrativa dall’omonima opera di Goethe e, in piccole parti, anche da quella omonima di Marlowe, dal Doctor Faustus di Mann e da Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Strafàust, insomma, è l’erede degenere dei Faust che l’hanno preceduto.
A differenza dei suoi predecessori, pero, Strafàust ha già ottenuto e posseduto tutto. Nulla più ha da rivendicare o da desiderare, nessun patto, nessun limite di tempo, nessuna condizione argina la sua infinita possibilità, e, dunque, la sua insulsa libertà.
Di qui l’interrogativo motore del testo: cosa accade, allora, quando nessun desiderio, nessun vincolo o necessità supporta una scelta?
Questo e il principio tragicomico di Strafàust. E’ un Faust strafatto, sfinito, straniato, stramazzato, strabuzzante, stramorto, straniero persino a se stesso, che vaga anestetizzato nell’assenza di orizzonti, condannato a marcire in un’eternità venuta male, immobile e indifferenziata, conseguenza di un abuso di elisir di lunga vita ingurgitata senza alcun limite.
Inerte e immune rispetto a ogni forma di antinomia, privo d’ogni limite, possessore di una libertà incondizionata, Strafàust si è trasformato in un asino di Buridano, che, per giunta, non ha neanche fame.
Dovrebbe soltanto morire, ma la perdita di ogni argine e di ogni vincolo etico, l'hanno catapultato in una sorta di immoto perpetuo, in uno squalificato eterno presente, in un tempo reale (che di reale non ha più niente), dal quale, forse, solo un altro pietoso Mefisto potrebbe provare a salvarlo, e liberare entrambi dal copione già scritto di cui sono prigionieri. Per l’allestimento dello spettacolo un doveroso ringraziamento va a Raimonda Maraviglia, Stesy Raiano e al gruppo di lavoro dell’Ex Asilo Filangieri.