A Palazzo Zevallos la Scapigliata di Leonardo
Tra gli “Ospiti illustri” giunti quest’anno a Palazzo Zevallos, nella storica Via Toledo di Napoli, in rassegna dal 6 luglio, ed appena conclusasi, vi è stata, direttamente dalla Galleria Nazionale di Parma, la “Testa di fanciulla” altresì detta “Scapiliata” del grande genio rinascimentale. A fare da cornice all’incantevole volto, il lucernario vetrato del palazzo, decorato in puro stile liberty, il monumentale scalone d’onore e i pregiati stucchi di gusto ottocentesco che quasi hanno tentato di ornare quell’apparente semplicità di cui è permeato il capolavoro. Un percorso di riproduzioni digitali, volte a far immergere il visitatore non solo nella vita dell’artista quanto nella tecnica pittorica e nella simbologia, anticipa la visione dell’opera d’arte.
La riproduzione digitale della “Vergine delle Rocce”, 199×122 cm, olio su tavola databile al 1483-1486 nella sua prima versione, conservata oggi al Louvre, mostra una cosmogonia ambientata in un deserto primordiale dove tuttavia radicano piante acquatiche rese dal maestro con ineguagliabili dettagli di botanica. Sembra di avvertire anche lo scorrere dell’acqua che sgorga dalle fonti e dall’anfratto roccioso che simboleggia un grembo materno. Un Eden definito dagli ecclesiastici dell’epoca “eretico” dove al centro siede la Vergine Maria nell’atto di cingere Giovanni Battista in preghiera rivolto verso il Messia riprodotto quasi all’ombra di un angelo. La potente sacralità è conferita mirabilmente dalla tecnica pittorica data dalle tipiche “velature” leonardesche, tant’è che secondo gli studiosi è impossibile individuare le pennellate su tela quasi come se il paesaggio fosse “una cosa naturale vista in un grande specchio”, specchio di cui si serve il maestro come riporta nella terza parte del “Trattato della pittura” con queste parole: “quando tu vuoi vedere se la tua pittura tutta insieme ha conformità con la cosa ritratta di naturale, abbi uno specchio, e favvi dentro specchiare la cosa viva, e paragona la cosa specchiata con la tua pittura, e considera bene se il subietto dell’una e dell’altra similitudine abbiano conformità insieme.”
Presenti anche opere di artisti ed epigoni che, come si evince dall’opera digitale di Bernardino Luini, “Erodiade porta la testa di San Giovanni Battista a Salomè”, hanno imitato magistralmente la tecnica di Leonardo. Seppure caratterizzate da straordinaria fattura, le figure rimangono piatte, inermi sulla tela, prive di zelo che invece nei soggetti del da Vinci pulsa nelle carni come nella Leda del 1510 il cui volto sembra quasi ricordare quello della Scapigliata, dai tratti gentili e dallo sguardo pavido, unica differenza è nelle acconciature, l’una raccolta ed elaborata, l’altra morbida, quasi inesistente. Il percorso prosegue infine verso quel volto delicato, elegante, armonioso e schivo della fanciulla ritratta da Leonardo, la storia vuole, per la marchesa Margherita Paleologa, moglie di Federico II Gonzaga, la quale chiese al pittore il ritratto di una Madonna da appendere nel proprio studiolo. Secondo alcuni il lavoro probabilmente incompiuto è attribuibile ad un da Vinci giovane, il Leonardo dell’Adorazione dei Magi o di San Girolamo, secondo altri si tratta di uno studio di preparazione per la Leda. Il dipinto fu realizzato nel 1508 circa, su tavola 24,7×21 con terra d’ombra, ambra inverdita e biacca che designano e impreziosiscono, attraverso sapienti ombreggiature e lumeggiature, il capo mentre una leggera brezza pare muovere con leggerezza la fulva chioma della giovane, un breve anelito di vita, l’attimo fuggente rinascimentale che ci ricorda quanto fugace sia la vita e prima ancora la giovinezza.